Si tratta di un lavoro mirato ad acquisire competenze personali improntate alla capacità di riconoscere (Consapevolezza) e comunicare in modo chiaro i propri stati mentali e affettivo-emotivi (Comunicazione), esprimere le proprie opinioni, le proprie idee nel pieno rispetto degli altri senza subire o mettere in atto forme di prevaricazione (Assertività); contenere dapprima e gestire poi, emozioni percepite come pervasive a livello personale o interpersonale (Gestione delle emozioni), affrontare con un senso di capacità situazioni difficili (Resilienza), riuscire a perseguire gli obiettivi che ci si pone (Auodeterminazione) arrivando così a migliorare la valutazione di sé (Autostima) e il senso di efficacia personale.
Trattamento di disturbi che hanno a che fare con un'emozione spiacevole accompagnata da una sensazione generale di pericolo, di paura e di forte attivazione corporea. Si può attivare in modo non specifico oppure di fronte a una situazione ben precisa come puo' essere uno spazio chiuso, la presenza del sangue, l'ipotesi di una malattia (Fobia); oppure, può assumere la forma di un violento e intenso episodio di terrore, con una fortissima attivazione fisiologica, una forte paura di morire o impazzire e un forte impulso a trovare vie di fuga (Attacco di Panico). Inevitabile implicazione è il generarsi di una persistente preoccupazione che si possano ripresentare altri attacchi, a cui la persona cerca di fare fronte con comportamenti di evitamento delle situazioni temute e/o richiesta di sistematici accompagnamenti da parte di altre persone, cosa che alimenta e rafforza il consolidarsi del disturbo stesso.
Si tratta di una significativa alterazione del tono dell'umore, accompagnata da una modificazione degli aspetti corporei, cognitivi, relazionali, e comportamentali. La prospettiva cognitiva sottolinea l'esistenza di alcuni schemi cognitivi che contribuiscono al disturbo, tra cui la produzione di pensieri automatici negativi (“es. le persone saranno sempre meschine”), di distorsioni cognitive (inferenza arbitraria, tendenza a trarre conclusioni basate su prove ambigue o assenti; astrazione selettiva, tendenza a focalizzarsi su dettagli negativi, escludendo tutto il resto, ipergeneralizzazione, trarre una conclusione generale sulla base di un singolo evento e pensiero tutto o nulla). Infine, uno stile esplicativo o attribuzionale pessimistico, che consiste nell'utilizzo di attribuzioni negative stabilmente interne all'individuo. Problemi umorali sono associati anche al reiterarsi di situazioni negative incontrollabili, come l'essere ripetutamente oggetto di violenza domestica che potrebbero fare interiorizzare una sorta di impotenza appresa. Per finire, predispone alla depressione, la percezione di una bassa competenza sociale e relazionale, e il trovarsi a vivere complesse situazioni interpersonali.
Il concetto di orientamento sessuale non si riferisce esclusivamente all'oggetto verso cui è rivolta l'attrazione erotica, riconducibile al continuum etero-omosessuale, ovvero attrazione verso una persona dell'altro e/o dello stesso sesso. Il concetto è molto più complesso e comprende attrazione erotica, fantasie e comportamenti sessuali, coinvolgimento affettivo, definizione di sé e propria immagine sociale, nonché il contesto socio-culturale in cui si esprime la sessualità. Per questo è preferibile impiegare il termine che ha a che fare con il suffisso -filia, omofilia o eterofilia che fa riferimento a una affinità, una sorta di sympathia, che costituisce un orientamento verso un determinato mondo.
Per fare un po' di storia, dal 1973 scompare dal Manuale Diagnostico e Statistico la diagnosi di omosessualità, e dal 1991 viene approvato dall'American Psychonalytic Association un documento in cui si contesta ogni forma di discriminazione pubblica e privata verso le persone omosessuali: dagli anni '70 vengono progressivamente messe al bando quelle terapie riparative volte a modificare l'orientamento sessuale. Tuttavia, ancor oggi la persona con orientamento omofilico, oltre ad essere spesso oggetto di forme di omofobia, tende a sua volta a soffrire di una forma di “omofobia interiorizzata”, una sorta di stigmatizzazione sociale interna, che lo porta a vivere in modo conflittuale questo aspetto, disconoscendolo a se stesso e/o all'altro, dissociandolo da sé, conducendo spesso una vita all'insegna della ricerca e dimostrazione di una presunta e forzata ordinarietà, di un presunto ruolo naturale e sociale, facendo fatica a delineare i confini di sé e a un costrutto integrato e armonico dell'identità, generando anche rapporti interpersonali e sociali mossi dall'idea di ciò che uno dovrebbe essere, più che di ciò che si sente di essere.
Seppure in assenza di sintomi specifici, la persona desidera entrare in modo più consapevole dentro il proprio mondo e dentro la modalità con cui si rapporta all'esterno; sente l'esigenza di definire in modo più chiaro i contorni del proprio sé, e incrementare le competenze personali e di relazione.
La profondità di una relazione dipende dal grado di intimità e di svelamento di sé all'altro e ciò che differenzia una relazione adulta di coppia da qualsiasi altra interazione umana è il grado di interdipendenza, intesa come capacità di fornire scambi frequenti dove i comportamenti, i pensieri, le emozioni dell'uno influenzano inevitabilmente l'altro, dando sempre e comunque origine a contrapposizioni, dissidi e sofferenze. In un rapporto maturo l'interdipendenza si articola secondo la sintassi della reciprocità, intesa come una alternanza di opposizioni e comprensioni, di tentativi di accudimento dell'uno o dell'altro a seconda delle situazioni e tentativi di fare valere le proprie ragioni o di ammettere quelle altrui. Questa alternanza crea la percezione di una sorta di equilibrio frutto di una continua regolazione della distribuzione del potere, della gestione dei conflitti e che va a influire sul processo di autovalutazione, sulla considerazione che uno sente di avere dentro la coppia. Tuttavia a volte si creano dei forti sbilanciamenti, fonti di grande sofferenza, quando per esempio una persona tende a prendere l'intero controllo sull'altra o, viceversa, è vittima dell'altro (divergenza di posizione) o uno ha uno status superiore all'altro (divergenza strumentale) o ancora ci sono forti divergenze cognitive, di obiettivi, o differenze valoriali. Questi aspetti mettono fortemente in crisi i rapporti creando situazioni di tensione forte che a volte producono l'instaurarsi di una consolidata interazione disfunzionale che si mantiene comunque nel tempo, altre volte che porta la coppia a intraprendere la via della separazione. Altre forme di difficoltà spesso insorgono in relazione ai cicli di vita della stessa, quando una coppia decide di convivere o sposarsi e poi avere dei figli: le prime, tappe di aggiustamento e di passaggio che richiedono un reciproco accomodamento, a cui molte coppie non riescono a fare fronte. Il diventare coppia convivente fa emergere inoltre il non sempre facile compito di separazione dalle rispettive famiglie di origine, di negoziazione di un nuovo rapporto oltre che l'accettazione da parte di queste ultime della natura dell'identità del nuovo gruppo familiare, di una altra forma di referenzialità: per molte coppie il taglio con il passato è un vero tabù o una questione molto spinosa con risvolti alquanto problematici, alla base spesso di allontanamenti e separazioni. A queste difficoltà si aggiungono altri problemi che insorgono in seguito al cambiamento radicale cui una coppia va incontro con l'arrivo di un figlio, la cui cura impone una differenziazione delle rispettive funzioni per adeguarsi ai bisogni del bambino, con la rinegoziazione di altre e nuove regole di rapporto.
Conflitti, litigi, arroccamenti nelle proprie posizioni, rigidità relazionali si alimentano poi in seguito alla tendenza a dialogare puntualizzando, recriminando, rinfacciando, predicando, dicendo “lascia, faccio io!” “Te l'avevo detto...” che rendono assolutamente fallimentare la comunicazione.
Modalità di rapporto, forme di interdipendenza problematiche, modalità di comunicazione disfunzionali, cicli evolutivi sono alla base di difficoltà che generano profonde sofferenze, gravi conflitti e che spesso sono alla base di una richiesta di aiuto.
Quando si parla di dipendenza, si fa riferimento a quella condizione in cui il benessere psicologico di una persona e la gestione della propria quotidianità è affidata a qualcosa di esterno a sé; basti pensare al bambino che inizialmente dipende in toto per il proprio sviluppo sano dalle cure genitoriali, oppure a quando si è malati e c'è qualcuno che si prende cura di noi. La dipendenza rappresenta quindi, una forma, un tipo di relazione presente nella vita di ciascuno, di per sé non patologica. Tuttavia, viene ad assumere una connotazione negativa quando il legame di dipendenza, vuoi da una sostanza (tossicodipendenza, alcoldipendenza), vuoi dal gioco o altro è particolarmente accentuato e ricercato, e si struttura in una modalità di pensiero e comportamento pervasiva, rigida e persistente, che porta alla ricerca spasmodica dell'oggetto in questione e a incentrare tutto intorno a questo. L'oggetto della dipendenza diventa l'oggetto attorno a cui si strutturano buona parte dei desideri, pensieri e comportamenti: in particolare, dopo un periodo di feeling iniziale con la sostanza, a un certo punto la persona può iniziare a rendersi conto che la propria quotidianità ruota intorno ad essa; continua a desiderare esperienze psicologiche o fisiche attivate dalla stessa, che possono anche generare forme irresistibili di desiderio compulsivo: tutta la propria vita, intima e sociale, la propria identità va ad articolarsi attorno a questo tipo di esperienze. Anche le relazioni, i ruoli sociali e i contesti di vita subiscono trasformazioni profonde.
Sia che un contesto si dissoci da tale comportamento, sia che si tratti di un contesto affiliato o che sostenga in qualche modo quell'esperienza, si rimandano al consumatore di sostanze delle attribuzioni di significato che gli conferiscono continuamente lo status di (tossico) dipendente, da cui è difficile poi liberarsi. Ci sono differenze tra consumatori di sostanze, tra il consumatore di sostanze psicotrope legali e illegali, nelle modalità di riconoscimento e di gestione dei pensieri e delle emozioni, nel tipo di esperienze psicologiche che vengono cercate attraverso l'uso della sostanza, nei pattern comportamentali messi in atto e nel tipo di relazioni instaurate, ma un aspetto che tende a accomunare chi soffre di questo tipo di problematica è il progressivo scivolamento verso una condizione esistenziale in cui la sostanza diventa il fulcro della vita e delle relazioni interpersonali e affettive, una parte fondamentale dell'identità della persona.
Da un punto di vista relazionale, quando si parla di dipendenza si fa riferimento a una modalità di rapporto in cui la persona tende ad affidare il proprio benessere, la propria sfera decisionale, la considerazione di sé ad altre persone. L'individuo tende a rivolgersi continuamente agli altri per chiedere consigli, aiuti, incoraggiamento e sostegno, i quali diventano una sorta di guida, percepita come imprescindibile.
La persona con questo tipo di problematica tende a fondare la relazione su una dimensione di aiuto e la propria autostima si costruisce in relazione al giudizio dell'altro a cui è particolarmente sensibile. L'approvazione, la rassicurazione, il senso di conferma o meno altrui definiscono dunque le fondamenta della propria autostima in modo pressoché esclusivo. Ma per quanto possa ricevere una serie di conferme anche positive, queste non si accompagnano a un senso di efficacia personale o di fiducia in sé né a un riconoscimento di valore o di competenze intra e interpersonali. In senso stretto, quando si parla di dipendenza affettiva, si fa riferimento alla tendenza della persona a impostare rapporti di coppia fondati unicamente su questa dimensione e con queste caratteristiche: si muove su un canale esclusivo centrato sul posizionamento psicologico e interattivo del “io dipendo da te”, dove non è presente la forma di interdipendenza intesa come modalità di rapportarsi in modo fluido, scambievole e articolato su altre dimensioni dello stare bene insieme; il rapporto tende organizzarsi in modo rigido su questo aspetto che diventa centrale e pervasivo, dove la strutturazione dell'identità di un singolo al di fuori dell'entità coppia viene percepita come assolutamente minacciosa e pure gli spazi di azione esterni ad essa.